sabato 19 aprile 2008

ALPI CARNICHE : un trekking tra natura e storia .

L’alta via delle Alpi Carniche interessa nel suo sviluppo tutta quella serie di montagne appartenente alle Alpi Orientali che caratterizzano il territorio della Carnia, identificabile geograficamente nell’alto bacino del Tagliamento , al confine tra il Veneto , a nord con l’Austria e a est con il bacino del Fella . ...
Ho percorso negli anni gran parte dei sentieri che compongono l'alta via delle Alpi Carniche , ma c'è un ricordo speciale che mi lega a questi magnifici posti, impossibile da dimenticare , vissuto con la forza della passione. Ho percepito gli spazi, ho capito cosa vuol dire essere ospite di questi luoghi, ho scoperto con gioia che avevo la possibilità e non il diritto di seguirne i sentieri.

 

Eravamo molto giovani a quei tempi,io , Alberto e Giampiero, nella testa tante speranze. Alberto appassionato di montagna, compagno fidato, carattere solitario ma camminatore instancabile, nel cuore la Julia . Giampiero, carattere esuberante, esplosivo, amico di infanzia . Abbiamo iniziato per caso, ma subito macinando dislivelli che oggi me li sogno.
Un giorno leggendo un libro sulla traversata carnica ci è venuta una idea per come spendere i pochi giorni di ferie a disposizione. Eravamo poco più che ventenni e i soldi erano pochini per andare nei posti alla moda. Il programma è: trekking da cima Sappada a fin dove si arriva percorrendo proprio i sentieri della traversata carnica. Bella l'idea. Partiamo da Cividale con gli zaini in spalla , non in auto ma in "littorina" fino a Udine e in corriera fino a Cima Sappada. Carichi di viveri, tenda, sacchi a pelo e tutto il necessario per evitare punti di appoggio e rifugi, decisi a vivere la natura saliamo a piedi fino alle sorgenti del Piave dove ha inizio la nostra piccola impresa. Alla fine ne vengono fuori cinque tappe in quota , attraverso la Carnia, entrando in territorio Austriaco, rientrando in Italia, percorrendo oltre 50 km.Era Agosto 1990. 


Un itinerario ricchissimo di peculiarità naturalistiche, di panorami stupendi, di segni dell’uomo e della storia . Cinque giorni lontani dalla civiltà consueta, per conoscere un modo di vivere più vicino alla natura e in sintonia con essa. Una traversata che consente di scoprire laghetti alpini, antiche casere, pascoli e boschi, salendo anche alle vette più alte .
Meriterebbe raccontare tante cose sulla storia della Carnia , dai Carni appunto nel II sec. A.c. di tradizione celtica , dei Romani e dei Longobardi , della Repubblica di Venezia , dei conflitti mondiali. Sarebbe carino parlare anche delle tradizioni popolari, delle fiabe, delle leggende , dei “spiritaz e orcui”, del lancio delle “cidules” e degli antichi riti legati al culto del fuoco, o di specialità gastronomiche come “cialzons , frico, brovade e muset..... Ho imparato molto della Carnia e molte notizie utili le ho raccolte lungo il percorso parlando con i gestori dei rifugi ( ricordo ancora il viso un po’ più giovane di Giorgio Tamussin del Marinelli) con i malgari ( quella volta a Pal grande di sotto facevano ancora il formaggio ), al museo di Timau e poi anche presso la comunità montana . 


L’itinerario parte da Cima Sappada snodandosi attraverso la Valle di Sesis , Valle di Fleons, Val Sissanis, Passo Giramondo, Obere Wolayer Alpe, Lago di Volaia, Monte Coglians, Val Collina , Passo Monte Croce Carnico, Catena del Pal , Avostanis e creta di Timau, Casera Pramosio ecc. Alla fine i metri di dislivello saranno oltre 4000 in salita e 3500 in discesa. Non male.. Il percorso è stato indubbiamente interessante, per tutto il comprensorio carnico visitato; nella prima parte prevalgono interessi di tipo naturalistico mentre da Passo di Monte Croce in poi subentrano evidenti gli interessi storici. Ricordo che lo stato dei sentieri è stato nel complesso buono, tutti ben segnalati.


Ho ripercorso con immenso piacere negli ultimi anni gran parte dell‘itinerario e unica nota negativa già evidente a quel tempo è lo stato di alcune casere e di alcuni residui dell’incuria dell’uomo.


 Lo spirito comune per quel magnifico trekking non era la ricerca delle difficoltà tecniche, quanto un lungo cammino verso la scoperta di rocce antiche, di colori, panorami, prati verdi e profumi, alla ricerca dell’impatto visivo, alle note del vento, ai boschi di larici di Fleons , ai pascoli fioriti di rododendri della valle Sissanis, alla pace inconsueta delle acque del lago di Bordaglia ai piedi dei Monti di Volaia, alla prima e unica volta per me del Coglians, alla scoperta dei ricordi bellici del Pal e del Freikofel. Ricordo ancora i bivacchi in tenda alla luce del fuoco raccontandoci i nostri pensieri e facendo tanti progetti, al verso simpatico delle marmotte mentre isolati dal mondo ci godiamo bellissimi tramonti sulle valli sottostanti.


Ancora oggi ripercorrendo questi luoghi mi sale dentro il ricordo di questa indimenticabile esperienza, di come dopo cinque giorni quando è giunto il momento di rientrare nella civiltà quotidiana, dentro di noi sentivamo una sorta di resistenza, di come non averla mai desiderata durante tutto il tragitto. Posso tranquillamente dire senza retorica di aver conosciuto a fondo questi angoli del Friuli che ancora oggi sono spontanei e genuini, di essermi avvicinato in punta dei piedi e con il dovuto rispetto alla montagna, coltivando la segreta speranza che un giorno il suo respiro si unisca al mio quando come oggi con qualche anno in più di allora cerco ancora la sua cordiale compagnia.

Ho trovato alcune foto scattate all'epoca e quelle ho proposto, sistemandole un pochino. A parte il "Marinelli", il resto non è molto cambiato.


3 commenti:

  1. Bella esperienza davvero....e conosco bene quel sentimento di rifiuto e di rigetto di tornare "all'altra vita quotidiana" dopo vari giorni in totale fusione e sintonia con la montagna.Comunque hai un bel ricordo che ti accompagnerà sempre.ciao

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  2. MArco writes:Sono d’accordo anch’io, è un bel ricordo che ti accompagnerà sempre e che accompagnerà sempre ognuno di noi che abbiamo percorso questo entusiasmante itinerario. Lungo tutto il suo sviluppo ci sono angoli caratteristici, crete, casere, vallate, laghi, e soprattutto la possibilità (almeno all’epoca c’era) di fare ore ed ore in totale solitaria sintonia con la montagna, ma senza sentirsi mai abbandonati. Ma soprattutto man mano che cammini il cuore ti si riempie sempre più fino a farti sentire appagato completamente, e hai più il bisogno di scendere da quel paradiso. Non ho avuto la possibilità di fare la traversata tutta un tiro come hai fatto tu, ma anche se fatta su più tappe mi è rimasta nel cuore ugualmente.

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  3. io quel sentimento di rifiuto nel tornare alla vita quotidiana lo provo ogni domenica quando torno a casa...!!! Figurati quando sto via per monti giorni e giorni....
    mandi, mandi

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