Mentre ci incamminiamo sul Troi de Fese, il facile sentiero che dal borgo di Isola di Montenars porta in mezz’oretta fino a Plazzaris, pensando al percorso di oggi, ci sentiamo incuriositi da cosa andremo a visitare.
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Faremo il giro dei Rocui di Montenars, spettacolari strutture “architettoniche” costruite per l’uccellagione nei primi anni del 900, quando le difficoltà legate ad un territorio non proprio semplice trovavano in parte fonte di approvvigionamento alimentare nella cattura di uccelli migratori, nei periodi autunnali e primaverili. La pratica della cattura era comunque una azione violenta nei confronti della natura e oggi, per fortuna, è proibita dalla legge. Vale però la pena andare a vedere, cercando di capire per non dimenticare. Una buona occasione per far tesoro di una tradizione, che seppur non condivido, va conservata come patrimonio ambientale, come testimonianza di radicati legami tra l’uomo e il contesto in cui esso vive, con tutte le sue componenti e specificità che altrimenti andrebbero perse.
Il sentiero sovrasta per un breve tratto la scarpata sul torrente Orvenco, poi scende sul greto, lo attraversa e risale più o meno dolcemente dall’altro lato. Il tempo non è stato molto clemente in questo ultimo periodo, ma oggi finalmente possiamo godere della prima vera giornata di primavera e accarezzati dalla giusta temperatura camminiamo in mezzo ai fiori, attraversiamo un paio di volte una pista forestale fino a convergere sulla stessa, pavimentata di sassi e a tratti protetta da muretti a secco.
In breve siamo al piccolo e quasi disabitato borgo di Plazzaris. Una effige raffigurante S. Michele Arcangelo posta in una nicchia in un grande muro di pietra ci ricorda che qui, proprio sopra un terrapieno che si raggiunge con dei gradini, sorgeva la chiesetta di S.Michele. Una campana su un traliccio in ferro è quel che resta dopo il sisma del 76. Poco vicino lungo la strada una fontana datata 1905. Sembra che i primi insediamenti risalgano all’epoca longobarda intorno al VII –VIII secolo.
Scendiamo tra trincee di muretti a secco, coperti di verde e ancora bellissime fioriture di primule, crochi e erba trinità il Troi dal Riul che ci porta in pochi minuti, dopo aver attraversato il Rio Confine all’interno del bosco dominato dal castagno, al primo dei Rocui che andremo a vedere, il Rocul di Pra Checo. I Rocui hanno tutti un nome, in genere è quello del loro proprietario, Pra Checo è Don Francesco Placereani molto noto nell’ambiente del movimento friulanista degli anni 70.
Questo è il più grande, il meglio conservato e forse anche il più bello, collocato su una aperta dorsale che collega il monte Ciampeon e il Monte Chiastellirs. Affascinati dalla struttura a doppia fila di alberi di carpino bianco entriamo a dare una occhiata. All’interno un mare di crochi. Ho solo una vaga idea di come venivano utilizzate queste strutture. Marisa mi parla di bressane, così si chiamavano anche in pianura e di reti per la cattura degli uccelli. La nostra curiosità è soddisfatta in breve. Tre anziani signori stanno facendo visita al Roccolo e uno di loro ci racconta la sua storia, quella di un roccolatore.
“Il roccolo in genere era costituito da una doppia fila di alberi di carpino bianco che ha la peculiarità di mantenere anche in autunno le foglie secche sui rami. Adatto quindi a nascondere in parte le reti che venivano poi tese tra le arcate. Gli uccelli scendevano dall’alto richiamati dai loro simili dentro piccole gabbie sui rami. Il roccolatore all’interno di un fabbricato stava attento ai movimenti nel roccolo, tirando un cavo faceva salire un palo con uno straccio nero (spauracchio) che emetteva un fischio particolare. Gli uccelli spaventati fuggivano finendo nelle reti “. Fine, l’uccello è in trappola.
Oltre il roccolo un bel panorama sulle Prealpi Giulie, sui Musi, sul Gran Monte. Seguendo la strada che attraversa il bosco di Chiastellirs arriviamo al secondo bellissimo Rocul dal Puestin, nei pressi della strada che scende ai borghi di Cretto e Flaipano. Qualche passo all’interno attenti a non calpestare i tappeti di crochi e poi ci infiliamo nel Troi dai Rocui.
La bella mulattiera che taglia la dorsale del Monte Guaita ben presto si trasforma in stretto sentiero, con scarse segnalazioni. La natura si sta pian piano riappropriando di questo territorio, tanto che nella lunga discesa dobbiamo stare un po’ attenti a non perdere la traccia. Si scende parecchio, a svolte brevi su terreno umido, in parte scivoloso. I fiori però ci tengono sempre compagnia, donandoci serenità, anche quando per un po’ il sole si nasconde dietro le nuvole ricordandoci che il freddo non è ancora andato via del tutto. Un piccolo ponticello segna la fine della discesa. Da ora si sale, si sale per un bel pezzo. Ancora muretti a secco e fiori, fino alla strada. Usciamo dal bosco nei pressi del piccolo borgo di Cretto di Sotto, superiamo anche le piccole case ristrutturate di Cretto di Sopra poi ci infiliamo in una traccia gradinata che entra di nuovo nel bosco, accompagnandoci in breve alle case del piccolo borgo di Frattins, molto vicino a Flaipano.
Una deviazione e poco prima del paese si trova il cartello del Rocul dal Ros. Una traccia porta nel bosco, ma non è molto chiara, infatti imbocchiamo la direzione sbagliata prima di tornare sui nostri passi. L’anziano proprietario del roccolo ( ha i capelli bianchi ma forse è il Ros?) ci da le giuste indicazioni. Il rocul è piccolo e piuttosto in rovina, non c’è molto da vedere e ci fermiamo poco.
Ritornati a Frattins imbocchiamo la strada per Montenars per poi abbandonarla presso una pista che ci porta sempre in salita a raccordarci con il sentiero 714 che sale al Monte Cuarnan. Molto vicini tra loro si trovano il Rocul Di Manganel e il Rocul di Spisso, uno è molto ben conservato mentre l’altro è in stato di abbandono. Questi sono gli ultimi, ci fermiamo un po’ prima di scendere a Montenars, giriamo ancora all’interno, una vera testimonianza di un passato non molto lontano. Non si può dire che nella loro unicità i roccoli non abbiano un grande valore intrinseco per il territorio, anche se di controversa definizione.
Riprendiamo il sentiero in discesa verso la strada per Montenars, ma prima un’altra piccola deviazione sul Troi dal Ronc dei Cucs, dal bivio per Plazzaris si scende nel bosco che tra un mesetto circa sarà fiorito di bianchi narcisi, per ora ancora crochi, erba trinità e dente di cane. In breve siamo al borgo di Capovilla e infine ad Isola dopo aver percorso un interessantissimo itinerario ad anello, sotto il Cuarnan.
"Nutrito di cose innocenti, con poco, sempre pronto e impaziente di volare, di volar via, questa é la mia specie: come potrebbe non esservi qualcosa degli uccelli! Tanto più che io sono nemico dello spirito di gravità, come lo sono gli uccelli: e ne sono nemico mortale, arcinemico, nemico da sempre!" ( F. Nietzsche)
Una bella lettura della tradizione, calma e rilassata tra profumi di fiori.Il fascino della "bassa quota", non a tutti è dato di saperlo trovare; voi siete stati molto bravi.ciao
RispondiEliminaOriginally posted by frivoloamilano:Una bella lettura della tradizione, calma e rilassata tra profumi di fiori.Il fascino della "bassa quota", non a tutti è dato di saperlo trovare; voi siete stati molto bravi.ciao
RispondiEliminain genere ogni anno appena arriva la primavera andiamo alla ricerca di itinerari così, tra vecchi borghi e cose del genere, confortati dai colori e dai profumi di primavera . Fa bene
Ciao a presto
Luca e Marisa
E poi polenta e osei per tutti :lol:
RispondiEliminaOriginally posted by lor74cas:E poi polenta e osei per tutti :lol: :lol: :lol: !
RispondiEliminaLuca l'Alpinauta writes:biel girut! fin ca no disfe adalt bisugne ingegnasi!
RispondiEliminaOriginally posted by anonymous:Luca l'Alpinauta writes:biel girut! fin ca no disfe adalt bisugne ingegnasi!
RispondiEliminaie' vere. Baste un tichinin di intivo e po bon !